È ormai noto che il successo della lattazione ha le sue radici nella fase di asciutta che la precede.
Nello scorso numero abbiamo discusso della durata del periodo di asciutta. In questo articolo invece faremo alcune considerazioni sulla gestione dell’asciutta da un punto di vista logistico e gestionale, analizzando i vantaggi o meno di scelte diverse e talora opposte che trovano la loro ragion d’essere nelle differenti esigenze del singolo allevamento! Come a dire che a differenza “dell’erba del vicino che è sempre la più verde“ non sempre la transizione del vicino che funziona può essere la scelta giusta anche per le nostre vacche!

Periodo di transizione
Tradizionalmente il periodo di transizione si considerava compreso tra le 3 settimane prima e le tre settimane seguenti il parto, ma alla luce delle ultime ricerche e conoscenze, tale momento si ritiene coprire un tempo più lungo che si estende per ben 90 giorni, interessando tutta l’asciutta e i primi 30 giorni di lattazione. Tutti questi 90 giorni sono critici per il successo di una nuova ottima lattazione e possono essere funzionalmente suddivisi in tre periodi che sono: la prima fase di asciutta o “far-off dry period” (da -60 a -21 gg dal parto), in una fase di pre-parto o “close-up dry period” (da -21 gg al parto) e in un periodo di immediato post-partum di vacche freschissime (dal parto fino a 30 gg di lattazione) o “fresh/early lactation”. Tutte queste fasi sono caratterizzate da possibili significativi stress per le vacche ed in ognuna di esse occorre creare le migliori condizioni al fine di raggiungere le migliori performance produttive e riproduttive nella lattazione seguente. Infatti, è ormai noto che il successo della lattazione ha le sue radici nella fase di asciutta che la precede.
Le vacche in close-up e le vacche freschissime sono particolarmente sensibili agli stress causati da varie situazioni quali:
- il sovraffollamento;
- i cambi di gruppo;
- la mescolanza di manze e vacche;
- carenza di riposo;
- stress termico;
- lettiere o cuccette sporche.
L’obbiettivo principale in transizione è garantire un’ottimale ingestione di alimento al fine di ottenere adeguati livelli di nutrienti, infatti più le vacche mangiano in transizione e meno problemi avranno! Questo perché una bassa ingestione di sostanza secca in preparto comporta:
- mobilizzazione delle riserve corporee con rischi di steatosi, chetosi e ridotta funzionalità epatica;
- riduzione della funzione immunitaria con aumentato rischio di mastiti e metriti;
- riduzione del riempimento ruminale con aumentato rischio di dislocazione abomasale unito a ipocalcemia.
Ma qual è il modo migliore per raggiungere questo fondamentale risultato? Come gestire le vacche? Non esiste un’unica strategia per perseguire questo importante comune obbiettivo a partire dal modo in cui creare gruppi di transizione; al riguardo potremmo considerare queste quattro possibilità (vedi schema 1).

Cioè possiamo gestire la fase di asciutta con un unico gruppo o con due gruppi di vacche come pure nel post partum suddividere le vacche appena partorite fino a 30 giorni di lattazione dalle vacche ad alta produzione o gestirle in un unico gruppo delle più produttive. Tutto ciò dipende dalla disponibilità di spazi di alloggiamento delle vacche ma anche da quali scelte gestionali vogliamo intraprendere al fine di ottenere il miglior risultato sanitario, produttivo e riproduttivo dopo il parto. Ovviamente queste diverse impostazioni di raggruppamento delle vacche avranno conseguenti differenti ricadute nelle scelte operative in allevamento sia sotto il profilo alimentare sia gestionale.
Osservando l’ingestione di sostanza secca delle vacche in asciutta (dato che bisognerebbe sempre raccogliere con attenzione!!!) si nota come ci sia un’estrema variabilità di valori a partire da appena 10 kg di ss/capo/die fino a più di 15 kg di ss al giorno per vacca e tutto ciò legato a caratteristiche qualitative della dieta ma altresì in modo fondamentale ad aspetti di “cow comfort” riferiti all’ambiente inteso come spazi di riposo, spazio alla mangiatoia, fronte di abbeverata e disponibilità d’acqua, stress termico, sovraffollamento e competizione di gruppo, etc.
Altri requisiti per le vacche in transizione
La scelta del gruppo unico in asciutta offre il vantaggio di ridurre gli spostamenti delle vacche (meno lavoro e meno stress per gli animali) e semplifica le operazioni di alimentazione delle asciutte. Dall’altra parte richiede un livello nutrizionale più alto rispetto a una dieta di far-off, per cui va considerato con attenzione BCS e durata dell’asciutta, e per accompagnare l’evoluzione graduale del profilo fermentativo e assorbitivo della dieta dopo il parto, richiede quasi necessariamente la creazione di un gruppo di vacche freschissime nei primi 20-30 giorni di lattazione.
Inoltre, un gruppo unico in asciutta limita la possibilità di gestire l’approccio anionico della dieta per il controllo della calcemia ed esclude il vantaggio, non alimentare ma gestionale, di poter separare le manze dalle vacche nella fase che precede il parto. Quindi, il gruppo unico in asciutta può essere una scelta interessante ma richiede delle condizioni in premessa relative soprattutto a un corretto BCS delle vacche, tipico di aziende con ottima fertilità, per cui se il tuo PR è ottimo e pensi di poter gestire la durata dell’asciutta anche individualmente è un’opzione da valutare.
Di contro, la suddivisione delle asciutte in 2 gruppi, potendola realizzare logisticamente, a fronte di complicanze gestionali riferite allo spostamento delle vacche e alla preparazione di due diete per le vacche asciutte (dry-off e closeup) consente diverse opportunità.


In primis, permette di differenziare i livelli nutrizionali delle diete di asciutta prima fase (far-off) e di preparazione al parto (close-up) sia per quanto riguarda i livelli energetici e proteici ma anche minerali. In tal modo consente di ridurre i cambiamenti alimentari passando da una fase all’altra, aspetto questo sempre utilissimo per la massima efficienza e salute di un sistema fermentativo come il rumine, in particolare al momento del parto dove i cambiamenti metabolici e ormonali sono straordinariamente importanti.
Ancora la suddivisione in 2 gruppi consente di separare e lasciare più tranquilli gli animali vicino al parto, riservando loro il massimo comfort ambientale (spazi di riposo e in mangiatoia, raffrescamento, etc.) e garantendo una maggior possibilità di osservazione a questo speciale gruppo di animali. In riferimento alla questione minerale e alla calcemia in particolare, la gestione di una dieta specifica di close-up permette l’utilizzo di un approccio anionico, assai utile soprattutto in alcune condizioni.
Gestire la calcemia della vacca al parto è un aspetto fondamentale che completa e sostanzia il corretto equilibrio metabolico, indispensabile per ottenere i migliori risultati di salute e produzione nelle vacche in lattazione. La dieta anionica è una buona opportunità, anche se non l’unica, per un buon controllo della calcemia ma richiede delle attenzioni per non fallire nei suoi propositi e in particolare un monitoraggio, preferibilmente settimanale, del pH delle urine per verificare lo stato di acidosi metabolica delle vacche in ragione di circa almeno un 20% dei soggetti, e ciò che conta non è la media dei valori ma la percentuale di soggetti che falliscono il range ideale (compreso tra 5,7-6,5; Goff, 2008) che dovrebbe essere meno del 15%.
In effetti, la media può nascondere la verità (diceva Trilussa, come ben sa chi doveva mangiarsi un pollo in media e restava a bocca asciutta). In questo gruppo di animali misurati e descritti in grafico, la media di pH era di 6,2, quindi ideale, ma la percentuale di animali sopra o sotto il range corretto era del 45%, il che rendeva inefficace in questo caso l’utilizzo della dieta anionica.
La corretta analisi del dato medio vale anche per altri parametri da monitorare in asciutta, come i giorni medi di asciutta o i valori medi di NEFA o βOHB. Concludendo, la questione transizione è così complessa che è assolutamente necessario valutare accuratamente le scelte da fare nel proprio allevamento e lavorare col proprio nutrizionista e veterinario per individuare le migliori strategie da applicare per le vacche al parto, ricordando che “non sempre la transizione del vicino è la più verde”.

